Un mondo nostro…senza più abbandono
Introduzione alla felicità
Ora abbandona le mie parole, abbandonami lentamente
in un rumore umano di martelli
che quasi culla il mio sonno. Credi alla maggioranza del corpo
e ai galli rochi della campagna. Forse
amerai come me il sole a perpendicolo sui campi, quel bollore di terra
che sembra un corpo che ama, e crederai alla schiena impietosita di un uomo
che però scampa al suo destino.
Credi alla prosa calda e senza civetteria
degli acquedotti, alla masserizia macroscopica del bagliore del mare
sulle credenze colme
di tazze inglesi
e tovaglie, credi a quello a cui io non ho creduto, anche mentre addormentavo
il tuo piccolo corpo onnipotente
che inverava il mio corpo
disarmato dal tempo. Sei il solo ospite di sangue
di una creatura senza stirpe. Domanda dunque
alle conifere, alla presa pigra e ostinata delle tue dita
nella scarpetta di gomma, domanda alla realtà – a un sestante
di argilla – il giusto
o l’umano
tra i filamenti del mattino, la nostra data di deposizione: quello che si dimenticherà
di noi, e quello che dimenticheremo, annientati e contigui. Il resto
avviene nel buio
di un mondo nostro senza più abbandono.
Maria Grazia Calandrone
da La scimmia randagia (2003)