Anche i sanitari hanno bisogno di supporto?
“Chiusi nelle nostre case, con il silenzio fuori dalle nostre finestre scandito solo dalle sirene delle ambulanze. Dentro, solitudine per qualcuno, convivenza forzata per qualcun altro. Le tivù accese che ci comunicano troppe volte al giorno il numero delle vittime del Covid-19. Lo stressometro realizzato ogni settimana dall’Istituto Piepoli per conto del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi rileva che il perdurare dell’emergenza porta il malessere degli italiani a un livello altissimo: il 63% si definisce molto o abbastanza stressato, un dato ancor più significativo considerando che il 43% degli intervistati denuncia un livello massimo di stress. E cresce l’influenza dell’emergenza sulla nostra condizione psicologica: secondo gli intervistati oggi ha un’incidenza dell’82%. Tra gli italiani ci sono anche loro, i più esposti: i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario che in queste settimane è in prima linea nella guerra contro il coronavirus. Il loro corpo, ma soprattutto la loro psiche viene messa a dura prova da un’emergenza inedita per molti aspetti. Per sostenerli è scesa in campo l’associazione italiana Emdr: psicologi specializzati nella cura dei traumi. La terapia Emdr ha come base teorica il modello Aip (Adaptive Information Processing) che affronta i ricordi non elaborati che possono dare origine a molte disfunzioni. L’associazione italiana ha siglato una serie di protocolli per dare sostegno psicologico in molte città e strutture sanitarie, grazie ad un accordo con l’Ats (autorità tutela salute) della città lombarda, o allo Spallanzani di Roma, ad esempio. Lettera43.it ha parlato con Isabella Fernandez, docente di psicoterapia e presidente dell’associazione. «Negli ultimi 20 anni abbiamo seguito le situazioni di emergenza, come i terremoti, il crollo del ponte Morandi. In questo momento abbiamo dovuto riadattare tutta la nostra esperienza a questo tipo di emergenza che è unica, inedita. Abbiamo rapidamente capito quali fossero gli aspetti più importanti e le esigenze dei pazienti», spiega. «Lavoriamo con i contagiati, con i familiari dei malati gravi o deceduti, e poi tutto il personale medico».Ed è proprio il personale medico ad essere stato emotivamente stravolto da questa pandemia. «Gli aspetti nuovi e stressanti sono molti. Innanzitutto», spiega la dottoressa, «ricordiamoci che medici erano abituati a lavorare in un preciso reparto, dove conoscevano bene la routine del lavoro, routine che oggi è completamente stravolta. La soglia dello stress in questo caso si è abbassata quindi sono più esposti». Si trovano di colpo ad aver a che fare con tantissimi pazienti, e con pochi mezzi a disposizione per combattere il virus (i dispositivi di protezione scarseggiano anche per loro). Per la prima volta sono di fronte al fatto di trovarsi che anche loro stessi esposti alla stessa malattia che curano. «Questo è un fatto nuovo. Pensiamo a un oncologo che lavora con pazienti oncologici: è abituato alla sofferenza ma lui non è esposto direttamente ai tumori. Invece il virus è trasversale», dice Fernandez. «In queste settimane molti medici non vanno più a casa a dormire per non rischiare di contagiare i familiari. Anche le loro abitudini normali e di relazione sono cambiate. Noi in situazioni di forte stress abbiamo bisogno di abbracciare qualcuno, no? Invece hanno paura anche di toccare i bambini». Tutti gli schemi emotivi che prima venivano messi in campo oggi non funzionano più.«Un’altra cosa che sta succedendo ai medici è che stanno vedendo i loro colleghi morire. Oltre 40 dall’inizio dell’emergenza non ce l’hanno fatta. Ognuno che muore o che si ammala gravemente gli ricorda che loro potrebbe essere il prossimo». Una minaccia incombente a cui non erano certo emotivamente preparati. Come stiamo vedendo quotidianamente in tivù il personale sanitario si sta sostituendo ai familiari dei pazienti che non possono andarli a trovare. Sono medici e infermieri a comunicare con i parenti lo stato di salute dei ricoverati e anche la notizia delle morti. Sono loro a tenere la mano ai malati durante gli ultimi minuti della loro vita. Tutto questo, umanamente encomiabile, ha per loro un costo emotivo alto. «Il nostro supporto serve proprio da decompressione e per dare loro un momento per confrontarsi con tutti questi aspetti che si stanno accumulando, comprese le cattive notizie che si trovano a dover dare», spiega la dottoressa. Chiaramente l’intervento dei terapeuti avviene da remoto: Oggi per fortuna ci sono tantissime possibilità. Se tutto questo fosse avvenuto anche solo 10 anni fa saremmo stati tutti in seria difficoltà anche a livello comunicativo. Oggi abbiamo tanti strumenti, da WhatsApp e FaceTime. Si può anche lavorare in remoto guardando in faccia la persona». I rischi a livello psicologico (come burn out o depressione) che il personale medico corre possono avere conseguenze. Ha fatto notizia il suicidio di una infermiera di Jesolo. «Pare che quella donna credesse di essere positiva e di aver contagiato altre persone. Probabilmente si è sentita molto in colpa. Non ha avuto probabilmente modo di parlarne con nessuno, si è tenuta tutto dentro, per questo è importante dare a tutti indistintamente la possibilità di parlare. Parlare con un professionista specializzato può permettere di gestirle. Tenendole dentro si ingigantiscono», spiega Fernandez. La psicoterapeuta sottolinea che nonostante il supporto dell’associazione Emdr sia iniziata subito, anche se non tutti ne usufruiscono in questo momento, va ricordato che «nel dopo» ci sarà il bisogno «assoluto» di uno spazio di questo tipo. “
(“Coranavirus, i terpaeuti a fianco di medici e infermieri”, articolo scaricato in data 01-04-2020 su https://www.lettera43.it/coronavirus-supporto-psicologico-medici-infermieri-emdr/?refresh_ce )